Testo e foto di Giulia Macrì
Dove? Alla Trattoria (si, con la T maiuscola) da Marinella, alla Borgata Petrelli: un angolo di romanità fuori dal tempo, dove non solo la cucina è verace
C’era una volta e c’è ancora un borghetto con tanta storia e tante storie, e un’unica bottega di Vini & Oli, che vendeva un po’ di tutto, come si usava allora, negli anni ’50 del Novecento: dai generi alimentari, all’ortofrutta, ai sali e tabacchi. Poi, negli anni ’70, la bottega ha aggiunto via via qualche tavolino, per far consumare un boccone e un bicchiere di vino ai falegnami e ai fabbri di zona – succeduti ai primi cicoriani emigrati da Rendinara, in Abruzzo, a seguito di un rovinoso terremoto, e ai vaccari che pascolavano le mucche poco distante, alla “vaccheria”. Intanto, il villaggio rurale era diventando Borgata Petrelli (prendendo il nome dalla famiglia che tra gli anni ’20 e i ’30 aveva acquistato tutta la tenuta dando in concessione agli abitanti del posto terreni bonificati, per coltivazioni e pascoli) e, dopo ancora, quartiere suburbano a due passi da quello popoloso e metropolitano della Magliana. Tanto che il negozio di alimentari, con lo sviluppo della grande distribuzione e il proliferare dei supermercati di città, preferì cedere totalmente il campo all’attività di Trattoria. Che seguendo le cronache della borgata e passando la gestione di generazione in generazione (siamo alla quarta) è rimasta il punto di ristorazione unico della comunità nonché uno dei suoi fiori all’occhiello, rinomato in tutta Roma per la sua cucina ottima e genuina.
Semplicemente buono
All’esterno, su una casetta rossa, come quelle del nucleo originario del borghetto, proprio all’imbocco di Via dell’Imbrecciato, campeggia un’insegna essenziale: “Trattoria”, ma all’interno, appena entrati, c’è sempre un gran sorriso ad accogliervi. Quello di Giorgio, che ha preso in mano l’attività della nonna, e sta in sala; o di sua moglie Marinella, che regna in cucina, e spesso si affaccia fuori per assicurarsi che tutto sia di gradimento degli avventori; o quelli delle figlie Luana e Francesca e dei generi, che pure si adoperano ai fornelli e ai tavoli, perpetrando così, con semplicità ma consumato mestiere, la tradizione di famiglia. Arredi classici di legno, sulle pareti il tipico rivestimento a perline, tante foto-ricordo, qualche cimelio contadino e menu del giorno, vini alla mescita e bevande scritti su lavagne sempre aggiornate con le novità della cucina, dettate rigorosamente dalla stagione e dalla disponibilità della materia prima: dalla verdura, alla carne, ai formaggi, gli approvvigionamenti sono giornalieri e di provenienza locale, che più locale non si può. D’altra parte, basta visitare la cucina (previo permesso accordato dalla signora Marinella!) per prenderne atto: cicoria e broccoletti sbollentati, scolati e ripassati in padella al momento; tegami con polpette, spezzati di carne, trippa, involtini e sughi a cuocere e sobbollire; pentoloni d’acqua per la pasta, ciambelline e biscotti appena sfornati…tutto espresso e abbondante, ma ben calibrato e ordinato sotto il controllo vigile della cuoca, perché “tutto quello che ve magnate voi, ce lo magnamo pure noi”, ci dicono.
Elogio del sugo
Dopo la ricognizione in cucina (che, come succede nelle migliori, profuma di buono) ci accomodiamo al tavolo e per ordinare ci affidiamo un po’ al menu del giorno e un po’ ai consigli della Casa, perché le proposte, all’insegna della più gioviale romanità, sono tutte allettanti e l’imbarazzo della scelta è tanto. Nessun dubbio sul “today’special” dell’antipasto: panzerotti fritti ai funghi e salsiccia di commovente bontà, fragranti, asciutti e croccanti fuori, succosi e saporiti dentro… cominciamo bene. E proseguiamo di tris in tris. Gricia, carbonara, amatriciana, i piatti “un, due, tre…” del titolo, primi dei primi perché ci sarebbero anche fettuccine al ragù e penne all’arrabbiata, ma per questa volta non ci si fa, quindi ci toccherà tornare! Paste asciutte come si diceva nei ricettari di una volta, preparate ad arte, per scelta del formato, cottura e condimento; in particolare la gricia, eccelsa, lascia apprezzare la conturbante combinazione di sapori e consistenze del pecorino e del guanciale anche grazie alle mezze maniche che li accolgono e li trattengono. Ed eccoci all’amatriciana “più buona che c’è” – o perlomeno una delle più buone, sicuramente la migliore in assoluto per chi scrive che, pur non volendo esprimersi con tecnicismi alla stregua di ben più autorevoli critici gastronomici, di ottime versioni ne ha assaggiate parecchie. Ma questa è la perfezione, con i suoi rigatoni al dente e il guanciale (di cui sopra) che già di suo è sopraffino, ma che alla spettacolare salsa di pomodoro dona il giusto tocco di sapidità e di grasso, quel pizzico di pepe, nonché un lievissimo crunch a qualche boccone, tali da renderla davvero memorabile. Tra i secondi caserecci – spezzatino di vitello o involtini di pollo alla cacciatora, straccetti cacio e pepe, salsicce, fettine alla pizzaiola, fegato con cipolla – trionfano le polpette al sugo che profumano letteralmente di casa e la trippa alla romana, numero uno della cucina di Marinella, pari merito con l’amatriciana. E probabilmente una delle ragioni è il sugo.
Svariate pietanze di quelle menzionate sono “al sugo”, come si dice a Roma: non “con” o “nel” sugo, ma “al sugo”… ecco, a farle speciali, ma speciali veramente, non è solo il fatto che sono cucinate nel sugo, ma anche e soprattutto come questo è preparato. Ricetta perfetta di pomodori pelati (freschi, sbollentati e passati d’estate, in latta d’inverno), passati o addirittura schiacciati in pentola, uniti agli odori a freddo e fatti cuocere fino a diventare salsa corposa, con qualche pezzetto di polpa più consistente che s’infila nei rigatoni o s’appoggia su una polpetta e che quando lo mangi dà un piccolo twist acido, dolce e fresco al ricco condimento. Non pomodorini “spadellati”, o “caramellizzati”, o confit o, peggio, frullati col mixer a immersione; non soffritti troppo grevi; non insaporitori aggiunti e non sale in eccesso: la salsa che arriva nel piatto sa di pomodoro, semplicemente insaporito dalla pietanza che vi è stata cotta dentro (polpette, pollo, involtini), o del condimento di una pasta (guanciale, salsiccia, carne macinata), pronta per abbracciare tutti gli ingredienti e accogliere la grattugiata finale di un po’ di pecorino romano o di parmigiano, e perfino l’aggiunta di un pizzico di peperoncino, perché l’equilibrio dei sapori è di base calibratissimo. In una parola, è una poesia, che si sposa tanto con le ricette più delicate, quanto con quelle più robuste. Da non dimenticare i contorni, troppo spesso trascurati o ridotti a mera decorazione del piatto nelle proposte gastronomiche di tanti ristoranti. Qui un piatto di cicoria ripassata, di broccoletti (romaneschi) al peperoncino, o di peperoni arrostiti (quando è stagione!) è un signor companatico, un piatto completo, schietto, gustoso e soddisfacente. Tra i dolci (passione e specialità di Luana), grandi classici per grandi e piccini, rinomate sono le crostate, il creme caramel e una torta che è una squisita commistione: base sbriciolata (tipica del Nord) e farcia di ricotta e confettura di visciole (tipicissima romana)… praticamente uno sballo. E porzioni abbondanti perché qui si onora la tradizione in tutti i sensi.
Borgo slow
Ma l’accoglienza calorosa non è solo in Trattoria, qui a Borgata Petrelli. Il caffè dopo pasto, la prima colazione o anche un’ottima pizza li trovate al Bar Greco, altro punto di riferimento storico della comunità. Il locale e il suo dehor con una luminosa veranda sono tutti nuovi, però e al bancone, Oriana Cavalieri, la figlia Cinzia e il marito Daniele dispensano gentilezza, buonumore, molta professionalità, e ci raccontano con orgoglio le migliorie e le competenze apprese per offrire prodotti e servizi distintivi. Per dirne una, le pizze in teglia, che pare si siano fatte la fama ben al di là della borgata, sono preparate con il “metodo Bonci”, 5 impasti e tempi lunghi e ripetuti di riposo e lievitazioni; ed è per questo che di venerdì e di sabato è consigliabile prenotarsele se non si vuol rischiare di rimanere a bocca asciutta, malgrado ne infornino 20 teglie. E poi c’è la chiesa, con il suo parco alberato, le panchine, i giochi dei bimbi: un angolo che sembra uscito da un sussidiario, ma che in realtà è uno spazio conquistato grazie a lunghe e complicate battaglie legali da parte dei cittadini, soprattutto ad opera di un attivissimo Comitato di Quartiere che difende e tutela da anni i diritti degli abitanti (oggi circa 300 famiglie, da 18 di un tempo) dell’ambiente (Borgata Petrelli oggi è diventata “isola verde” all’interno del parco Valle dei Casali, sotto la giurisdizione di Roma Natura) e del tessuto urbano (sottoposto a vincoli di tutela delle Belle Arti per la presenza delle antiche case cantoniere); in particolare del Presidente Giuseppe Lucarini, che detiene memorie e soprattutto documentazione della storia locale, e di Rosanna Morace, già vice-comandante del Corpo della Polizia Locale di Roma, ora a riposo, si fa per dire, vista la strenua attività di “vigile del quartiere” che svolge con straordinaria energia e pugno di ferro in guanto di velluto.
La Chiesa, infatti, intitolata a Giovanni XXIII fu costruita grazie alle donazioni degli abitanti ma fu solo grazie alla caparbietà, alla pazienza e all’impegno del Comitato che il terreno dove sorgeva l’edificio religioso e il suo bel parchetto furono restituiti (dopo un’illecita appropriazione privata) al Comune, e alla gestione diretta del Comitato. Poi ci sono le storie delle vecchie famiglie di proprietari – la Marchesa Elisa Lecce che vendette la collina ai fratelli Petrelli, considerati i benefattori locali, tanto da dedicare a uno di loro una piazza; Giuseppe D’Arcangelo detto “Peppino,” che era proprietario di un castello sull’altro monte chiamato “la vaccheria” – che si intrecciano con le memorie dei progenitori che scesero dalla Marsica in cerca di miglior fortuna e di chi ancora abita qui e ricorda che proprio in queste campagna e nel borgo furono girate molte scene di “Uccellacci e uccellini” da Pier Paolo Pasolini. Oggi si sono aggiunti i bei caseggiati con giardino di una graziosa isola residenziale, ma qualcosa, ahinoi, si è perso lo stesso… come l’antico forno che non è più in funzione. Però l’atmosfera è ancora bella, una dimensione raccolta e familiare, dai ritmi “slow”, che fa assomigliare questo angolo segreto della Capitale più a un ameno paesino che a una borgata di città.

La Chiesa di Giovanni XXIII, costruita con le donazioni degli abitanti

Il parco di Borgata Petrelli

Il parco antistante la chiesa è stato restituito al Comune e alla gestione del Comitato di Quartiere dopo lunghe battaglie legali

Giochi per i bimbi, giardinetti, impianto idrico sono stati realizzati ad opera degli abitanti

La Chiesa Giovanni XXIII di Borgata Petrelli

L'interno della chiesa, con la statua di Papa Giovanni XXIII
TRATTORIA “LA RUSTICA”, O “DA MARINELLA”
Via Bolgheri, 55 – 00148 Roma
Tel.: 06 55 26 18 03
BAR GRECO
Via dell’Imbrecciato, 253 – 00148 Roma
Tel.: 346 30 42 427