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Roma, rinasce il grande stile

a cura di Giulia Macrì
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Testo e foto di Giulia Macrì e Lia D’Angiolino

Nella ristorazione e nell’hôtellerie di lusso della Capitale splendono tre gioielli, che hanno ridisegnato lo stile del fine dining e dell’ospitalità romana d’alta gamma: una raffinata “salle à manger” con cucina d’autore, un boutique hotel intimo e charmant, una sontuosa residenza aristocratica dal fascino eclatante… sotto l’insegna Vilòn, sono tutti firmati Shedir Collection

Bello veder rinascere buon gusto e joie de vivre nel sonnacchioso centro storico di Roma, dopo che il pesante biennio appena trascorso ne aveva spento la rutilante e sempre un po’ caotica scena cittadina: oggi la Capitale, che rimane una delle destinazioni turistiche più apprezzate e visitate al mondo in assoluto, sta riconquistando il suo fastoso appeal anche grazie a riqualificazioni e rilanci di fine dining e hôtellerie di alto profilo come quelle messe in opera da Shedir Collection, una visione unica nel concept dell’ospitalità di lusso e tante diverse declinazioni identitarie.

Charme di nicchia

Qui parliamo delle tre più recenti, che spiccano nel panorama romano per classe ed eleganza: l’Hotel Vilòn, delizioso e charmant, è stato creato in un’ala del maestoso Palazzo Borghese (edificato nel XVI secolo, detto “il cembalo” e considerato una delle quattro meraviglie di Roma), posta sul retro del fronte principale, a Via dell’Arancio – tra Via del Leoncino e Via di Ripetta, nel rione di Campo Marzio – e si pregia di un ingresso tranquillo e defilato, per poi accogliere gli ospiti in un ambiente raffinato e dall’atmosfera intima, cozy, quasi familiare. “Quasi” perché il bel salotto d’ingresso, con bar annesso e cortile verandato, è elegantemente arredato con mobilio d’epoca, Deco e Vintage, qualche pezzo contemporaneo, e qualche eccentricità decorativa e cromatica che lo rendono molto sofisticato. Le 17 camere sono tutte differenti una dall’altra, ma caratterizzate da un comune tocco creativo, che ritroviamo nel Ristorante Adelaide e Salotto un’accogliente sala da pranzo di gusto retro con elementi di decòr originali e un po’ bohemienne, un dehor con giardino di piante esotiche e il lounge bar annesso che la raccorda al salotto sopra citato. E poi c’è il Palazzo Vilòn, un’esclusiva residenza privata (due livelli con quattro suite, saloni, living e studioli con biblioteca, salone delle feste che diventa un’efficiente sala convegni, cucina attrezzata e cantinetta, sale da bagno, palestra e spa) dotata dell’assistenza di personale dedicato e dei migliori servizi dell’hotel: una reggia in miniatura, sfarzosa e trendy allo stesso tempo.

Degustazione superlativa

Alla tavola dell’Adelaide lo “stile Vilòn” è servito nella sua assoluta originalità, grande qualità e speciale attenzione: dello chef Gabriele Muro, della sua brigata affiatatissima (12 in tutto), del pasticcere Andrea De Benedetto e del maître di sala Simone Freda, che sa raccontare i piatti e accompagnarli con wine pairing di grande piacevolezza. Nonchè dalla General Manager Martina Avitabile, che ci ha amabilmente accompagnate alla scoperta di questa piccola “arcadia” nel cuore di Roma. La cucina mediterranea contemporanea di Muro non solo è all’altezza del contesto, ma lo identifica perfettamente nel suo mix di suggestioni, pur rimanendo molto peculiare la sua impronta personale (campano, isolano di Procida), talentuoso, estroso quanto basta e di tecnica finissima. Due menu degustazione (“Il Mio Nome è Adelaide” e “Pachamama”), un focus sui grandi classici della cucina romana (“Le Intramontabili Tentazioni Romane”, cioè spaghetti cacio e pepe, spaghetti alla carbonara e rigatoni all’amatriciana) e una bella carta con un ulteriore assortimento di piatti “fusion-procidani”, compongono la proposta creativa e sostanziosa dell’Adelaide firmata da Muro, all’interno della quale, naturalmente, si alternano le variazioni stagionali. Il cestino del pane, che arriva subito, profuma di buono: infatti è home made e include pane e focaccia di segale e un bocconcino di casatiello provola e salame fragranti, unitamente a un assaggio di ottimo olio extravergine di oliva Canino Dop della Tuscia (Cerrosughero di Laura de Parri). Le entrée, accompagnate da un benvenuto di bollicine nostrane (uno spumante metodo classico Mirabella Franciacorta Edea Blanc de Blanc), denotano immediatamente un’attenzione particolare alla dimensione vegetale della cucina mediterranea, con una Chips di ceci con ricotta e pomodorino confit, un Cannolo di pasta fillo con asparagi e un Bottoncino con tartare di spigola e maionese di soia, e una capacità di interpretare eleganza e semplicità in chiave contemporanea. Con gli antipasti entriamo nel vivo della cucina di Gabriele Muro, mediterranea, anzi isolana, ed esotica: Bandigian è una melanzana declinata in tre consistenze – arrostita con “finto parmigiano” di noce di macadamia; a cannolo realizzato con gli scarti della melanzana (a zero waste!) e ripieno di crema banaganoush al cumino e sesamo – e condita con “umami” di pomodoro. Il Vizietto, il piatto-signature presente in menu dal primo giorno, è un sandwich di pescato del giorno (in questo caso spigola), harissa e scarola, in ricordo della tipica “pizza di Procida”. E sapientemente abbinato, un Soave 2022, vitigno autoctono del Veneto con mineralità spiccata. Sapori di tradizione, quindi, riveduti e corretti con quell’esuberanza campana che rende saporito ogni boccone, anche il più mignon.

Il palato conferma passando al primo: Lo scorfano scherza nell’acqua è  una somma interpretazione della pasta, felice incontro tra il pescatore e l’ortolano che sono nel dna dello chef, che così sposa le linguine di Gragnano con un delicato carpaccio di scorfano e li avvolge con una gustosa crema di friggitelli. Completa con un twist croccante e sapido: una manciata di briciole di tarallo e bottarga, alla maniera del Sud. Superlativo. Un Sauvignon friulano Livio Felluga 2021 di lunga persistenza introduce il secondo, cui saprà tener testa: Oyashio (dal nome di una corrente oceanica che passa vicino al Giappone), un rombo marinato al miso, con una divina maionese allo zenzero, pakchoi (cavolo giapponese) e una salsa di soia con riduzione del rombo (anche qui, usata la parte più povera del pesce). Il coup de theatre arriva con il completamento coreografico di una chips croccante di pelle soffiata sormontata dalla tartare dello stesso rombo alloggiate su un bellissimo pesce palla di ceramica e del takoyaki, cioè una polpetta (sempre di rombo) con salsa teriyaki e katsuobushi (tonno essiccato), portati su un’insolito contenitore, ovvero il carapace di una tartaruga di terraglia. Tutto sempre all’insegna della più convinta e coerente pratica “zero waste”.

E tutto delizioso. Un delicato Passito del Veneto ci prepara ai dessert del pastry chef Andrea De Benedetto, piccoli monumenti celebrativi dei grandi classici della pasticceria, serviti con effetti speciali sul carrello dei dolci: la Foresta Nera al cioccolato ricoperta da un drappeggio di gelatina di ciliegie e oro, e L’Oro di Procida, mousse e composta di limone, cioccolato bianco e buccia semi candita, in omaggio all’isola campana. E con il caffè, ancora le coccole di  tartellette alla vaniglia, mango e lime e bon bon di cioccolato alla verbena. La sa lunga, lo chef Gabriele Muro: forte di un patrimonio “genetico” importante nella tradizione gastronomica italiana, quella del grande Sud, di una formazione solida e internazionale, e di un’articolata esperienza per i suoi 39 anni, ci dice: “in cucina, senza le basi non ci sono le altezze. Per questo uso ingredienti tradizionali e ricette storiche cui ispirarmi”. L’ispirazione, però, frutto di estro e di tecnica, è proprio quella che lascia la sua firma indelebile… anche se lui ribadisce: “per me esistono solo due cucine: quella buona e quella cattiva”. E la sua – possiamo affermare a ragion veduta, post  degustazione effettuata –  è di certo del primo tipo. Il ristorante Adelaide e il suo Salotto non sono solo riservati ai già fortunati ospiti dell’Hotel Vilòn, ma sono aperti anche al pubblico e praticabili dalla colazione alla cena, passando per coffee time, aperitivi e happy hour: un’opportunità imperdibile per quanti siano alla ricerca nella Capitale di “a place to be”… di sussurrata eleganza.

Fascino barocco, appeal contemporaneo

E a proposito di segreta bellezza, il rinato Palazzo Vilòn costituisce la quintessenza dello sfarzo, ben celata dietro un velo (“vilòn”, appunto, questo significa in ebraico, riferito ai passaggi nei nostri percorsi di elevazione spirituale ed esistenziale) di raffinata esclusività.

Palazzo Vilòn, Roma (foto di Pietro Masturzo)

 Trattasi infatti di un’altra prestigiosa ala del seicentesco Palazzo Borghese, con ingresso indipendente a portico e colonnato, affacciata su Via di Ripetta, tra l’Ara Pacis e il Lungotevere, restaurata e riportata ai suoi antichi fasti barocchi per diventare una regale residenza privata, dotata di tutti i comfort, secondo la tendenza più attuale dell’hôtellerie di lusso internazionale. Il tocco da maestro è senz’altro dell’architetto Gianpiero Panepinto, che ha allestito e arredato questo ambiente – di per sé opulento – con straordinario estro e buon gusto, riuscendo nella non facile impresa di fare di una location storica uno spazio di appeal contemporaneo, conservandone il fascino antico. I sontuosi locali di rappresentanza, che possono essere adibiti a ospitare eventi, conferenze e cene di gala o istituzionali, sono il Salone delle Ringhiere (100 mq) e la Sala degli Specchi (87 mq), riccamente decorati da affreschi, stucchi dorati e specchiere.

Il primo accoglie le due maestose scalinate che conducono a una loggetta sul Tevere e offrono la visuale dell’infilata del corridoio e delle stanze successive in una prospettiva scenografica; il secondo è una galleria preziosamente ornata a trompe l’oeil con specchi dipinti, ori, tavoli e sedute che moltiplicano l’effetto specchiante e luminoso, attrezzato tecnologicamente per  convegni o grandi. Nel mezzo, salotti e salottini di conversazione, lettura e musica, biblioteche e gli accessi ben nascosti alle zone letto e di servizio: la Suite Borghese (113 mq), la Junior Suite del Cembalo (60 mq), la spettacolare Chapel Room (42 mq), di forma circolare e sontuosamente ornata – che come suggerisce il nome era originariamente un luogo per la preghiera – e infine la Superior Room (30 mq). Distribuite sui due piani della dimora, affacciano sul giardino del Cembalo, il piccolo parco segreto di Palazzo Borghese, a cui danno anche l’accesso in esclusiva. La residenza è dotata di una cucina professionale, che su richiesta si può avvalere del servizio dell’Hotel Vilòn e dello chef Gabriele Muro, nonché di SPA privata (120 mq) con piscina, sauna e bagno turco, e di una palestra munita dei più avanzati macchinari per il fitness. Prezzi e condizioni, ovviamente, su richiesta. Una full immersion nella Dimensione del Bello, del resto, non ha prezzo…per tutto il resto c’è la famosa “card”.

HOTEL VILÒN

Via dell’Arancio, 69 – 00186 ROMA

Tel.: +39 06 87 81 87

www.hotelvilon.com

ADELAIDE RISTORANTE E SALOTTO

Via dell’Arancio, 69 – 00186 ROMA

Tel.: +39 06 87 81 87

www.hotelvilon/ristorante-salotto/

PALAZZO VILÒN

Via di Ripetta, 117 – 00186 ROMA

Tel. +39 06 83 39 39 23

www.palazzovilon.com

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