Testo e foto di Giulia Macrì
Nel porticciolo incantato dell’isola flegrea, Maria la pescatrice è una leggenda: unica donna delle marine locali a uscire in mare col suo gozzo, si è guadagnata meritata fama anche come ristoratrice. Una cucina semplice ma prelibatissima, col pescato del giorno protagonista e un’impareggiabile vista mare: i tavoli sul molo, le reti stese al sole e la S. Antonio, la sua barca, ormeggiata lì di fronte… pronta a salpare verso la prossima giornata di buona pesca.
Alla Marina di Corricella, versante sud dell’isola di Procida (già Capitale Italiana della Cultura 2022), un piccolo mondo antico immerso nella sua originaria dimensione marinara ancora felicemente fuori del tempo, la vita scorre con un ritmo più lento, seguendo lo sciabordio del mare. Si, perché questo borghetto di pescatori, incastonato in un’ampia e profonda insenatura che lo ripara da venti forti e marosi (a parte quando lo scirocco decide di sferzare quel tratto di costa) è interdetto ad automobili, scooter e motori vari, fatti salvi quelli dei gozzi e dei pescherecci. Per il resto, si va a remi, a vela, a nuoto e a piedi, su e giù per le scale. L’abitato, infatti, è un presepe di case variopinte in colori pastello (si dice perché i marinai potessero riconoscere dal mare la propria, rientrando dalla pesca) aggrappate tra di loro in un dedalo di scalinate, arcate, terrazze (i “vefi”) e ballatoi, e arrampicate ad anfiteatro sul placido porticciolo, che visto da sopra sembra proprio appoggiato su uno specchio d’acqua. Un’architettura spontanea, popolare, tipica di questi luoghi e conservata intatta nella Marina di Corricella, appunto, nel vicino borgo fortificato Casale Vascello, ai piedi della rocca di Terra Murata (il promontorio a oriente dell’insenatura, a picco sul mare, sovrastato dall’Abbazia di San Michele Arcangelo e dal Castello D’Avalos – conosciuto anche come Palazzo Reale, poi trasformato in carcere – che vi furono posti a difesa delle incursioni dei “Barbareschi”), e a Marina Grande, altro agglomerato di casette dipinte alle spalle del porto, scenografico come un quinta di palcoscenico. Dalla Corricella, poi, percorrendo la sovrastante Via San Rocco fino alla Piazza dei Martiri (con relativo belvedere, animato da una pizzeria, un bar e le panchine per gli “umarells” locali) e imboccando la Salita Castello, si giunge alla terrazza Belvedere dei Cannoni, da cui al tramonto si gode di una vista panoramica tra le più spettacolari di Procida, con il sole che cala alle spalle della pittoresca Corricella e, quasi a 360° sull’orizzonte, le isole di Capri, Ischia, fino a Napoli con il Vesuvio ben visibile. È consuetudine, infatti, consumare qui uno dei più popolari riti collettivi dell’aperitivo.
Gente di mare... e di buona cucina
Durante la bella stagione, il porticciolo della Corricella – dedito alle attività di pesca dall’alba a notte fonda – diventa anche una postazione strategica per bar, ristorantini e bistrot, ma i tavolini e gli ombrelloni che lo invadono pacificamente si fanno spazio rispettosamente tra le barche e le reti sul molo, le cucine e i banconi ben acquattati nei magazzini, nelle rimesse e nei sottani delle vecchie abitazioni, cosicché gli spazi e l’operoso procedere dei tempi della pesca non vengono disturbati. C’è posto anche per una colonia di germani “naturalizzati” marini, che convivono con i cani e i gatti domestici del borgo, tutti adottati, accuditi e cibati dagli abitanti. C’è, poi, chi del modello produzione-consumo a “chilometro zero” ha fatto virtù, o meglio, economia circolare, per dirla in termini attuali: parliamo di Maria Lotorchisco, prima e unica donna pescatrice dell’isola e per molti anni anche cuoca, in un rinomato ristorante locale, che, nel frattempo, ha messo su una bella famiglia numerosa, tra figli – Maria Grazia (la creativa di casa, lavora a Napoli, realizza bellissime stampe “Corricella’style” e si occupa delle camere del B&B “La cupola blu”), Cesare e Giuseppe (marinai doc, organizzano crociere in barca intorno all’isola, accompagnandovi con racconti di venti e di mari, di storia e di tradizioni locali… e nell’attesa di uscire, non mancano di offrire uno squisito caffè) – nipoti e consorti. Tutti cresciuti come lei sul molo della marina di Corricella e, come lei, dotati di una speciale carica di empatia, che non è solo cortesia nei confronti di avventori e clienti, ma è proprio un senso di accoglienza e ospitalità, di cordialità e di riguardo verso il prossimo che evidentemente risiedono nel patrimonio genetico di famiglia.
Il passo dal suo gozzo alla tavola, adesso, sembra essere stato breve, ma è passato per anni e anni di esperienza, di duro lavoro, pesca e cucina, e oggi si esprime con maestria nel suo locale, semplice ma già rinomato, che tratta solo pesce fresco, il suo. L’apertura del ristorante “Da Maria alla Corricella” è relativamente recente – risale al 2017 – ma di folgorante riuscita, anzi, diciamolo, successo. Una cucina poco elaborata ma prelibatissima, condita con molto amore e tanta conoscenza della materia prima, trattata, lavorata e preparata con il rispetto di chi conosce bene il mare e i suoi tesori. Certo, l’impiego del pescato freschissimo è fondamentale, ma non è tutto: la sapienza di Maria sta nell’abbinare pochi ingredienti, tutti di provenienza locale, e nel creare qualche invenzione garbata. Le cotture, poi, non sono mai aggressive, anche nel caso di sughetti densi e saporiti, che magari richiedono di sobbollire più a lungo per risultare cremosi e gustosi al punto giusto. E i capisaldi del menu – rigorosamente stagionale – sono ben più d’uno.
Non avrai altro tonno all’infuori di me
Il primo highlight del menu, l’assoluto secondo il modesto parere di chi scrive, è “il tonno di Maria”. Collocato tra gli antipasti, questo tonno locale, cotto magistralmente a vapore e servito con un filo d’olio squisito su qualche foglia d’insalata di campo, è talmente superlativo da rimanere impresso nella memoria gustativa (la più potente e persistente, dopo l’olfatto) come il migliore mai assaggiato finora (e non è stato certo l’unico!); inoltre, considerati la sostanziosa corposità e il pregio della polpa, può costituire tranquillamente un secondo piatto o un signor piatto unico, con un piccolo rinforzo di porzione. Eccezionalmente gustose anche le “alici marinate al limone procidano”, uniche nel loro genere, per la freschezza piacevolmente sferzante del loro sapore: agrumato, brioso, leggermente acidulo ma non pungente, con una punta lievissima di piccantezza, grazie alla marinatura con il pregiato Limone di Procida (che si può mangiare intero, compresi la scorza e l’albedo), qualche pezzetto di peperoncino e prezzemolo. Raffinati i “gamberi mandorlati”, carnosi e croccanti in una crosta di mandorle tutti da tuffare nell’intramontabile salsa rosa, e sfiziosissime le “frittelle al profumo di mare”, delle saporite zeppole con impasto tipo “pasta cresciuta” a base di pesce.
Tra i primi, degne di menzione speciale sono le “linguine con lupini e briciole di tarallo napoletano (quelli “nzogna e pepe” per intenderci), ghiottissime; eccellenti anche le “linguine alle seppie con il loro nero” (ma non troppo), sapide e dolci al tempo stesso, appena un po’ selvagge, ma cremose e letteralmente avvolgenti. Da non dimenticare i rinomati “scialatelli ai frutti di mare”, ricchi e appetitosi, tra i cavalli di battaglia della casa. I secondi, che siano a base di pesce povero (cosiddetto, perché oggi come oggi nessun pesce è più considerato “umile”) o pregiatissimo, sono sempre impeccabili, come può dar prova l’appetitosa frittura di gamberi e calamari, o qualsiasi pescato del giorno alla brace, o al sale, fatto a regola d’arte per esaltarne l’eccezionale freschezza. I dessert, stando a un memorabile babà, sono decisamente all’altezza. Del resto, la porta accanto al ristorante “Da Maria alla Corricella” è quella del bar – sempre di famiglia – dove, alla mattina, far colazione con una fragrante “lingua” alla crema ben identifica il primo atto di pratica quotidiana di “mindfulness corricelliana”: una meditazione sul qui e ora fronte mare pieno di dolcezza e di conciliante silenzio… all’aroma e al sapore di caffè.
L'isola dei tesori
Ma se la Marina di Corricella è il quartier generale ideale per un soggiorno marinaro di pace e bontà all-inclusive (mangiare-dormire-contemplare-andare per mare), l’intera isola di Procida offre molti altri angoli di rara bellezza e atmosfere ricche di fascino (e storia) da scoprire, via terra e via mare. Il centro abitato è diviso in contrade, dette grancìe (Terra Murata, l’insediamento più antico e Corricella, il caratteristico borgo di pescatori di cui s’è detto; Sent’cò con il porto commerciale di Marina Grande; San Leonardo; Santissima Annunziata, detta anche Madonna della Libera; Sant’Antuono; Sant’Antonio e Chiaiolella, con il porto turistico nella parte meridionale dell’isola), quindi perdendosi tra i loro vicoli si scoprono le anime diverse dei vari quartieri. Dirigendosi verso il porto di Marina Grande si trovano negozietti per fare shopping di souvenir e spesa (fruttivendoli, alimentari e soprattutto forni con pane, pizza, taralli, lingue e frolle dolci ripiene di crema; e, al porto, tanti bar-pasticceria con i tavolini fuori). Prendendo invece la direzione della Chiaolella e passando per via Vittorio Emanuele, dove si trova il vecchio fascinoso albergo Eldorado, che fu la dimora dove Elsa Morante abitò e trasse ispirazione per il suo romanzo “L’isola di Arturo”, ci si imbatte in un quartiere storico, di intellettuali e artisti, fervido di vita, botteghe e una libreria-cartoleria vecchio stile piena di bei volumi e volumetti, specializzata nella storia di Procida, che prosegue su Via Pizzaco e conduce allo spettacolare Belvedere Elsa Morante, dedicato nel 2017 alla scrittrice e affacciato sulla spiaggia della Chiaia. Dalla bella spiaggia della Chiaolella, invece, passeggiando sul lungomare e inoltrandosi per un breve tratto in una zona residenziale piacevolmente ombreggiata dagli alberi dei giardini delle ville (ma in salita!), si giunge all’istmo che congiunge con un ponte Procida all’isola di Vivara, oggi riserva naturale statale ma di proprietà privata, visitabile solo su prenotazione (https://www.vivarariservanaturalestatale.it/); qui, dopo qualche scalino di pietra, visibile tra la vegetazione, si trova la celeberrima casupola di pietra de “Il Postino”, il film di Michael Radford, che fu l’ultima interpretazione dell’amato Massimo Troisi e che a Procida girò molte scene. Se si è optato per un’escursione in barca intorno all’isola, passati sotto il ponte di Vivara e navigando verso ovest si scorge anche la grande spiaggia Cala del Pozzo Vecchio – arenile scuro, tipicamente vulcanico, e acqua cristallina – che è stata ribattezzata la “spiaggia del Postino” perché anche qui sono ambientate alcune famose scene del film con Troisi, insieme a Philippe Noiret e Maria Grazia Cucinotta. Circumnavigare Procida in barca va messo inderogabilmente in programma, non solo per ammirare la costa dalla prospettiva del mare, ma anche per godersi dei magnifici tuffi nelle acque più limpide dell’isola nei momenti più belli della giornata: le opzioni, come ci spiega Cesare (uno dei tre figli di Maria Lotorchisco) sono tante: 2 ore con altrettante soste nelle baie migliori per fare il bagno; colazione all’alba (meravigliosa); aperitivo al tramonto; after hour con prosecco e crudi di mare dopo le ore 20,00; giornata intera in barca, pranzo incluso (prezzi da 20,00 a 70,00 euro a persona; per info e prenotazioni: 333 46 03 877/379 12 68 849). “Fuori del limbo non v’è eliso” scrisse Elsa Morante di Procida, nel romanzo che da qui dipanava la sua storia…Un “limbo” assai ammaliante, non c’è che dire, e vibrante ancora di vita, bellezza e semplicità oggi come allora – seppure in un’epoca completamente diversa. Un’isola fuori del tempo, eppure aperta al visitatore e, per radicata cultura, “all’altro” e “al diverso”, che cerca di difendere la propria integrità storica dalle speculazioni del turismo e del consumismo. Ma è così vicina da raggiungere (traghetti e aliscafi praticamente ogni 15/30 minuti da Napoli) ed è così facile tuffarsi nella sua magica dimensione priva di traffico e clamori… che, mai come in questo caso, si può parafrasare il leopardiano verso “naufragar ci è dolce in questo mar”!