Testo e foto di Giulia Macrì
Dall’isola greca di Chio alla nostrana isola d’Elba, viaggiando nelle anfore di Prassitele… Nesos è un vino marino molto speciale, nato sulle tracce del mito: prodotto in soli 240 esemplari ad annata, con metodi di vinificazione di almeno 2500 anni fa, è il frutto di un esperimento di eno-archeologia unico al mondo. Noi abbiamo avuto il privilegio di degustare la preziosa annata 2021 e ve la raccontiamo.
L’immersione di nasse di vimini con i grappoli di ansonica in mare, l’asciugatura al sole, il passaggio in anfora, poi poche bottiglie numerate: la vinificazione di Nesos, prodotto dalla cantina Arrighi nell’Isola d’Elba, è affascinante tanto quanto la storia delle sue origini lontane nel tempo e nello spazio, che si dipanano sulle tracce del mito. L’idea di ricreare un vino antico – ma per i palati contemporanei – seguendo le fasi della produzione originale, è nata proprio all’Elba, a Porto Azzurro (all’interno del Parco dell’Arcipelago Toscano che fa parte della Riserva della Biosfera MAB UNESCO), dalla curiosità e dall’iniziativa di un viticoltore, Antonio Arrighi, che già da anni sperimentava la vinificazione nelle anfore di terracotta dell’Impruneta, e di due accademici, il professor Attilio Scienza (ordinario di Viticoltura all’Università degli Studi di Milano… nomen omen, si direbbe!) e la professoressa Angela Zinnai, titolare del corso di Viticoltura ed Enologia all’Università di Pisa: un incontro felice fra teoria e pratica, esercizio empirico e ricerca scientifica, che ha consentito di ricostruire e perfezionare le tecniche di produzione dei vini di Chio, piccola isola dell’Egeo orientale, rinomati nel mondo antico e considerati generi d’élite sui ricchi mercati di Marsiglia e di Roma. Tanto che Varrone li definva “vini dei ricchi” e Plinio Il Vecchio li citava narrando del banchetto offerto da Cesare per celebrare il suo terzo consolato. Il vino di Chio (come quelli altrettanto celebri di Lesbo, Samos o di Thassos), era dolce e alcolico, ma non a caso, giacchè queste caratteristiche costituivano una garanzia di resistenza e conservazione ai turbolenti trasporti via mare. A differenza di tutti gli altri, però, il vino di Chio aveva “un certo non so che” di più aromatico, ma il motivo era tenuto ben segreto dai produttori: si trattava di una componente di salinità, che derivava dalla pratica di immergere l’uva in mare dentro ceste di vimini, allo scopo di eliminare una sostanza – la pruina – dalla buccia, facilitando così il successivo appassimento al sole e preservando, allo stesso tempo, l’aroma del vitigno. Il quale, nell’antichità era autoctono, mentre oggi, per il Nesos dell’Elba, si utilizza l’ansonica doc, molto simile per qualità e caratteristiche organolettiche dell’uva, e probabilmente anche del terroir da cui è generato, al cugino greco.
Le uve vengono quindi immerse in mare per 5 giorni, tra i 7 e i 10 metri di profondità, dentro a nasse di vimini, che Arrighi fa realizzare artigianalmente. Il sale marino penetra anche all’interno degli acini per “osmosi”, attraverso la spessa buccia degli acini, che così viene assottigliata, anche all’interno di essi, senza danneggiarli, anzi conferendo un tipico sentore di lieve salmastro. L’asciugatura al sole ristabilisce il grado zuccherino dell’uva, che poi, scelta attentamente solo tra gli acini integri, privati dei raspi ma con tutte le bucce, passa nelle anfore di terracotta; la qual cosa consente di procedere senza aggiunta di lieviti selezionati, solfiti (il sale è antisettico) e senza alcuna stabilizzazione se non quella naturale (il contenuto di fenoli risulta essere il doppio rispetto ai vini tradizionali). Va da sé che la produzione che se ne ottiene è limitatissima, nel caso dell’annata 2021 – che abbiamo avuto il privilegio di degustare in occasione della presentazione del docufilm che illustra la storia, o meglio, la rinascita sull’isola toscana del vino marino (“Nesos, il nettare degli dei”, di Giuseppe De Masi) – a 240 bottiglie numerate. Ad accompagnare l’esclusiva degustazione di Nesos 2021, ma anche di Valerius 2022 (base ansonica e vinificazione in anfora, senza passaggio in mare) e di Tre Esse rosso 2022 (base sangiovese e Syrah e vinificazione in anfora) una selezione di prodotti e piatti tipici curata e preparata magistralmente da Elba Magna: polpo e patate, la murena con le verdure marinate, il cavolo nero selvatico dell’isola, la pappa al pomodoro, il pane antico ai fichi con fettine di lardo e salumi artigianali, la schiaccia briaca… straordinario trionfo di sapori genuini, espressioni potentemente naturali del territorio elbano, proprio come il dorato Nesos, morbido e sapido, fresco e succoso: salmastro con tracce di ostrica, ma profumato anche di miele, rosmarino e acacia, resina, zenzero e cedro, melissa, orzo, ceralacca…i sentori dell’isola, di mare e di monte, di campagna e persino di miniera.